Pare che la pasticceria sia una scienza esatta… che, coi dolci, il dosaggio degli ingredienti e le tecniche utilizzate debbano essere precisi… non so se sia vero, ma, in tal caso, è uno dei motivi per cui coi dolci sono negata.
Col pane è diverso, almeno per me.
Panifico da poco, per cui non voglio millantare un’esperienza che non ho, ma per come la vedo io “fare il pane” è un’attività piuttosto istintiva ed intuitiva, in modo particolare con la pasta madre.
La lievitazione naturale, infatti, è influenzata da molte variabili: età e tipo di pasta madre, temperatura dell’ambiente, qualità dell’acqua e della farina e molte altre, più o meno provate scientificamente, come pressione atmosferica e fasi lunari. Per quanto consigli e metodi degli esperti siano sempre utili, col tempo e la sperimentazione, si impara a conoscere meglio la propria pasta madre e il suo specifico modo di reagire.
I panificatori casalinghi più metodici sono capaci di appuntarsi variabili (ingredienti usati, sostituiti o omessi, temperatura, tempi di lievitazione e cottura) e risultati, in modo da correggere e personalizzare le ricette.
Io, ovviamente, non sono così. Per i primi esperimenti ho cercato di seguire il più possibile istruzioni rodate trovate in rete. Poi, alternando discreti successi e clamorosi fallimenti, ho cominciato a comprendere per quali pani sono più portata, quali farine mi piacciono di più e quali tipi di impasto e di lievitazione mi sono più congeniali.
Sebbene io continui ovviamente ad affidarmi all’esperienza e alle ricette di chi panifica da tempo, ho cominciato a fare esperimenti senza rifarmi ad istruzioni precise, ma seguendo l’intuito, come per il pane al farro di qualche giorno fa.
Poiché, con mio sommo dispiacere con-sorte e prole non adorano i pani integrali, ho messo a punto una ricetta per un pane bianco (con farina 1, idratato circa al 70%) che ha esattamente le caratteristiche che piacciono a noi tutti: crosta spessa e croccante, mollica leggera, ben alveolata, ma non troppo … altrimenti niente pane e marmellata o bruschette!

Ingredienti per una pagnotta da un chilo circa
- 150 g pasta madre [PM] rinfrescata
- 550 g farina 1
- 400 g acqua tiepida (300-350 g per l’autolisi iniziale + 50-100g a fine impasto con il sale)
- un cucchiaino di malto d’orzo
- 10 g sale
Procedimento
- Io d’abitudine rinfresco la pasta madre una volta ogni 5 giorni, se mi capita di panificare con maggiore frequenza (cioè quasi sempre) prelevo solo la pasta madre che mi serve per averne, da rinfrescata, la quantità richiesta dalla ricetta, quindi, per 150 g, prelevo 60 g e la rinfresco (60+60+30).
- Una ventina di minuti prima del raddoppio, procedo all’autolisi mescolando grossolanamente la farina e una parte di acqua e lascio a riposo sino a quando la PM è raddoppiata.
- A questo punto comincio a mescolare l’impasto di farina e acqua, PM e malto.
- In ultimo aggiungo il sale e la restante acqua.
- Procedo ad impastare sino a quando l’impasto non risulta incordato, cioè bello elastico [prometto di mettere al più presto qualche link con le spiegazioni dei termini tecnici]. Io non ho l’impastatrice, mi piace e mi diverte fare a mano nel mio bel ciotolone e coi miei begli attrezzini [seguirà post sugli attrezzini… considerate che il panificatore è un po’ geek…], ma talvolta mi sembra di non arrivare mai al punto giusto. In quei casi chiedo aiuto alla macchina del pane (che attende polverosa in un angolo di essere ancora utile) e alla sua funzione ‘solo impasto’ ed in 5 minuti ho risolto. Quando è pronto lascio a riposare l’impasto in una ciotola chiusa o ricoperta di pellicola.
- Dopo mezzora di riposo faccio un giro di pieghe a tre sulla spianatoia e poi ripongo nuovamente l’impasto a riposare nella ciotola e ripeto altre due volte (a 30, 60 e 90 minuti).
- Dopo circa due ore dall’inizio dell’impasto formo e metto a lievitare in un cestino ben spolverato di semola. (Ho imparato che si può essere generosi con la semola, si fa sempre tempo a spolverarla via, ma se l’impasto si appiccica è difficile da risolvere… mi è successo una sola volta, ma ancora mi rode…).
- Dopo un breve riposo chiudo e imbusto il cestino e lo metto a lievitare lentamente in frigo.
- Dopo circa 10 ore tiro fuori il cestino dal frigo e lo lascio a temperatura ambiente per un’ora e mezza (sono tempi estivi.. probabilmente col freddo ci vorrebbe più tempo.). Intanto accendo il forno a 250° C.
- Una volta acclimatato l’impasto lo giro sulla pala ricoperta da carta da forno e effettuo i tagli (o almeno ci provo…).
- Inforno su pietra refrattaria e cuocio per un’ora secondo questo schema appreso dai blog maestri: – 20 minuti a 240-250° con pentolino vapore, – poi tolgo il pentolino e metto a 220° per altri 20 minuti, – ed infine a 200-180° per i restanti 20 minuti, gli ultimi 10 col forno aperto a fessura.
- Lascio raffreddare su una griglia.
- Divoro.



