Un progetto a lievitazione lenta: Laura Family’s Bakery, ovvero il mio micropanificio

Penso a questo post da mesi. Ho cominciato ad immaginarlo più di un anno fa, quando ho iniziato il percorso per trasformare il mio piccolo sogno in realtà. Più volte in questo periodo ho cominciato a scriverlo, nell’archivio bozze ce n’è un certo numero: alcune un po’ retoriche, altre più o meno ironiche, almeno nelle intenzioni.

Nel frattempo la vita si metteva di mezzo ed io continuavo a rimandare.

Un anno fa ho detto per la prima volta ad alta voce: “ok, allora apro un micropanificio!”.

Nella mia ingenuità il più era fatto. Credevo che sconfiggere le mie paure e cominciare a raccontare ad altri ciò che desideravo fare fosse  lo scoglio più grande. Mi sbagliavo.

Non voglio farla più lunga del dovuto: burocrazia, questioni economiche, questioni famigliari, vita quotidiana, ritardi nelle consegne, fatica personale, tanti sono gli ostacoli che si sono frapposti sul mio cammino.

Adesso voglio essere ottimista, il mio piccolo laboratorio è pronto e funzionante, le questioni burocratiche quasi risolte, fatico ad immaginare una data esatta, forse per scaramanzia, ma presto Laura Family’s Bakery aprirà.

L’intenzione era partire col botto: inaugurazione, festa, sito ultimato, ogni attività pronta a cominciare, ma ho capito che non sarà così. Comincio a credere che il mio destino sia procedere a passi piccoli e lenti, anche quando avrei voglia di correre.

Ci sono delle persone che voglio ringraziare, voglio farlo prima ancora che l’attività sia aperta, che il risultato sia ottenuto, perché il mio ringraziamento va a chi mi ha aiutata nel percorso, a prescindere da come finirà.

Ringrazio gli amici, reali e virtuali, che mi hanno spronato a crederci, mettendo l’entusiasmo e la fiducia che da sola non trovavo.

Ringrazio gli esempi, in giro per il mondo, maestri panettieri che hanno saputo cambiare vita da grandi e mi hanno insinuato il dubbio che avrei potuto provarci anche io. Thierry, Stefano, Jesse e altri che probabilmente non leggeranno mai queste parole.

Ringrazio Laura, compagna di corsi, con cui ho condiviso un percorso parallelo, su cui mi sono tanto spesso appoggiata per aiuti concreti, per sfogare frustrazioni, per chiedere consigli. Il confronto con lei mi ha aiutata a credere che anche noi donne multitasking, sempre vagamente sull’orlo di una crisi di nervi, possiamo provarci … e riuscirci.

Ringrazio Rosanna, che mi ha conosciuta al peggio, nervosa e arrabbiata e, nonostante ciò, mi ha aiutata con pazienza ed efficienza permettendomi di superare ostacoli altrimenti insormontabili.

Ringrazio Raffaella e Valentina che, senza quasi conoscermi, hanno saputo spalancarmi una finestra sui miei sogni, concretizzandoli in immagini (che presto vedrete!).

Ringrazio Albe, Sara, Viola, Chiara e tutti coloro che mi hanno sopportata e supportata in questi mesi infernali, accogliendo i miei malumori, confortando le mie tristezze, aiutandomi concretamente.

Ringrazio la mia piccola comunità che da più di un anno aspetta di poter mangiare il mio pane con regolarità, i miei betatester che nonostante i tempi lunghi, quasi eterni, continuano, senza perdere la speranza, a chiedermi “quando apri?” facendomi sentire attesa.

Non ringrazio chi, nonostante il suo ruolo, mai si è fatto sentire, neanche per errore, per chiedermi come stavo, come procedevano le cose o se poteva essermi di aiuto. Ringrazio me stessa, invece, per aver sempre fatto senza.

 

Approfitto per segnalarvi che a breve le pagine social facebook e instagram legate al blog,  cambieranno nome e saranno collegate al sito della micropanetteria. Seguitele e sarete aggiornati circa le lente, ma inesorabili novità della mia nuova vita.

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Pane alla birra doppio malto e pistacchi

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Inaspettatamente forse ce la faccio… Se mi impegno, cerco di essere supersintetica e il computer a manovella collabora, forse ce la faccio.

Seconda ricetta per il contest del Molino Grassi: dopo il pane di semola Kronos all’erba cipollina, ora è il momento della ricetta con farina Miracolo, una farina di tipo 1 di grani teneri antichi della provincia di Parma.

Se c’è una cosa che in casa nostra non manca mai è la birra e qualcosa da sgranocchiare per un aperitivo semplice con gli amici: un’ottima doppio malto belga ed i pistacchi sono, insieme alla farina Miracolo gli ingredienti di questa pane scrocchiarello e dal piacevole retrogusto amaro.

Ingredientiwpid-20141205_085851.jpg

  • 450g farina Miracolo
  • 330ml birra doppio malto
  • 100g pasta madre
  • 50g pistacchi
  • 5g sale
  • un cucchiaino di malto d’orzo

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Procedimento

  1. Per prima cosa rinfresco, con idratazione al 50%, 40g di pasta madre in modo da ottenerne 100g (40g PM + 20g acqua + 40g farina);
  2. Al raddoppio impasto grossolanamente i 100g di PM con la birra, il malto d’orzo e 450g di farina Miracolo e lascio riposare per una ventina di minuti;
  3. Passato questo tempo aggiungo i 50g di pistacchi sgusciati e 5g di sale (essendo i pistacchi sottosale aggiungo poco sale) e continuo ad impastare sino a incordatura;
  4. Ribalto l’impasto sulla spianatoia e lascio riposare 30 minuti; poi wpid-20141205_091018.jpgproseguo effettuando un giro di pieghe e lasciando ancora a riposare 30 minuti;
  5. A circa un’ora dall’impasto formo il pane e lo pongo nel cestino da lievitazione infarinato;
  6. A questo punto mi sento come di consueto un po’ in difficoltà dovendo indicare con precisione i tempi di lievitazione. Come ripeto sempre dipende molto dalla temperatura dell’ambiente oltre che dal tipo di impasto, in questo caso io l’ho fatto lievitare ad una temperatura ambiente di circa 22-23°C (in un angolo caldo della cucina) per circa 6 ore.
  7. Quando valuto l’impasto ben lievitato lo ribalto sulla pala e inforno.
  8. Cuocio complessivamente circa 50 minuti seguendo questo schema: il primo quarto d’ora a 250°C con vapore, poi mezzora senza vapore abbassando gradatamente la temperatura sino a 200°C ed infine, gli ultimi 5 minuti a 180°C con la funzione ventilato e lo sportello aperto a spiraglio.
  9. A cottura ultimata tiro fuori dal forno e pongo a raffreddare su una griglia e lo ascolto cantare.

Yeap! e due. Seconda ricetta con cui partecipo al Contest di Molino Grassi ed Impastando si impara.

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Pane di semole biologiche Kronos con erba cipollina selvatica

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Rieccomi.

Decisamente non sono una foodblogger. Non ne ho la costanza, ma talvolta ci sono delle ricette che, per come sono nate, meritano di essere raccontate: un’amica che ti sprona, delle meravigliose farine giunte per posta e un contest.

A metà ottobre non stavo per niente bene ed il blog, abbandonato da mesi, era l’ultimo dei miei pensieri, poi, una notifica di facebook cambia le cose.

È Lou (la vulcanica blogger anglo-sfitzera di Rise of a Sourdough Preacher) che mi tagga sotto un post di Valentina (deliziosa padrona di casa di Non solo pane: impastando si impara), il cui contenuto era pressappoco: ‘nuovo contest QB del Molino Grassi, affrettatevi ad inviare la richiesta di partecipazione’.

Inaspettatamente vinco l’intorpidimento da divano-copertuccia e mando immediatamente la mail dal cellulare.

Poi archivio l’argomento sino a quando, una decina di giorni dopo, tornando a casa, trovo un pacco che mi aspetta: un chilo di semole biologiche Kronos, uno di grani antichi Miracolo e un fantastico grembiule.

Le farine QB del Molino Grassi

Le farine QB del Molino Grassi

È sciocco, ma mi sento come se fosse Natale: “sono proprio quelle che volevo!”. Ora che le ho in mano realizzo che devo cominciare a pensare alla ricetta, mi conosco, so che dovrò testarle, procedere per prove ed errori, un chilo per tipo non mi basterà, così decido di procurarmene subito altre confezioni e do il via agli esperimenti.

Inizio dalle semole biologiche Kronos.

Sono consapevole che le semole non rimacinate sono molto più adatte alla produzione di pasta fresca che alla panificazione, ma la mia passione è il pane e la sfida tra me e la semola è, ormai, di vecchia data. Adoro il pane di grano duro, quel colore, quel sapore e quel profumo che sanno di sole, di Sud, di estate; questo mio amore mi ha portato, in passato, a condurre svariati esperimenti di panificazione con semole piuttosto grezze. Anche confrontandomi con l’amico, ormai ‘maestro’, Stefano di PBread Natural Bakery, che un tempo osavo chiamare socio :), sono giunta alla conclusione che uno dei trucchi per ottenere un buon pane di semola di grano duro sia prolungare la fase di autolisi, lasciando che siano la chimica di acqua e farina ed il tempo a lavorare per noi.

Il mazzetto delle ragazze

Il mazzetto delle ragazze

Erba cipollina  dei nostri prati

Erba cipollina dei nostri prati

 

 

 

 

 

Un giorno, mentre cercavo l’ispirazione per un profumato pane di grano duro, le mie ruspanti figlie campagnole tornano dalle loro scorribande nei campi con un mazzetto di erba cipollina o aglio selvatico: “Mamma, mamma, tieni, il prato ne è pieno, magari ti serve per cucinare!”.

 

 

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Pane di semole biologiche kronos ed erba cipollina selvatica

Da quanto ho empiricamente imparato in passato, dai consigli di Valentina Venuti su come usare la Kronos QB del Molino Grassi e dall’omaggio delle mie figlie nasce questo profumatissimo pane di semole biologiche di grano duro ed erba cipollina selvatica. 

Ingredienti

  • 100g  pasta madre di grano tenero (40g rinfrescati al 50%)
  • 300g semole di grano duro kronos
  • 200g acqua tiepida (30°-32° C)
  • un mazzetto di erba cipollina fresca
  • due cucchiai di olio extra vergine di oliva
  • un cucchiaino di sale

Procedimento

Nei miei primi esperimenti con la Kronos ho provato il virtuosismo di usarla in purezza iniziando con un poolish fatto con la stessa semola, ma per ottenere un migliore sviluppo ho deciso di partire con un normale rinfresco della mia pasta madre con della farina di forza di grano tenero. Il desiderio di preparare un pane che “fiorisse” bene in cottura e un po’ di diffidenza nei confronti della mia pasta madre mi hanno spinto a metterne una percentuale più elevata del mio solito, a posteriori ritengo che avrei potuto usarne una quantità inferiore e aumentare un po’ i tempi e la temperatura della lievitazione.

L’erba cipollina ha un profumo molto intenso appena raccolta, ma una volta tagliata questo tenderà a dissolversi rapidamente, per ovviare a questo inconveniente e per caratterizzare in modo più deciso il mio pane, l’ho immersa, non appena tritata, in un po’ di olio extra vergine di oliva, aggiungendo poi tutto all’impasto.

  1. Per ottimizzare i tempi, procedo in parallelo: rinfresco 40g di PM con 20g di acqua e 40g di farina 0 di grano tenero; contemporaneamente preparo l’autolisi mescolando grossolanamente la semola e l’acqua calda ed, infine, trito col coltello il mazzetto di erba cipollina e lo metto a macerare nell’olio evo.
  2. Trascorse circa 4 ore procedo all’impasto principale unendo dapprima la pasta madre rinfrescata con l’impasto di acqua e semola, poi il sale e l’olio aromatizzato. Grazie all’autolisi il tempo per giungere ad incordatura sarà limitato, è un pane quasi no-knead.

    4 fasi dell'impasto

    4 fasi dell’impasto

  3. Terminato l’impasto lo rivolto sul piano di lavoro dove lo lascio a riposo per circa un’ora.
  4. Effettuo un giro di pieghe e lascio ulteriormente a riposo.
  5. Terminata la puntatura (riposo), procedo alla pirlatura, ovvero formo il pane e lo pongo nel cestino da lievitazione infarinato.
  6. Dopo una ventina di minuti imbusto il cestino come mia abitudine e metto in frigorifero.
  7. Dopo circa 8 ore in frigorifero, estraggo il cestino dal sacchetto e lascio ad acclimatare e finire la lievitazione. In questo caso ho ritenuto pronto l’impasto dopo quasi tre ore, ma i tempi variano molto dalla temperatura ambientale, con temperature più alte il tempo può essere molto inferiore.
  8. Nel frattempo accendo il forno alla massima temperatura (nel mio caso 240° C) e, solitamente, vi inserisco la pietra refrattaria. In questa occasione ho voluto sperimentare il nuovo gadget da panettiere domestico un po’ geek: un cuocipane a campana.
  9. Quando impasto e forno sono pronti, ribalto l’impasto sulla pala e procedo coi tagli.
  10. In questo caso, avendo utilizzato una sorta di pentola da forno, che trattiene l’umidità dell’impasto stesso, non ho inserito sul fondo il pentolino per il vapore che utilizzo solitamente per la prima fase di cottura con la pietra refrattaria.
  11. Per questa pezzatura cuocio per un totale di circa 40 minuti: i primi 20 minuti alla massima temperatura col vapore o con la campana, poi proseguo per 10 minuti a 220° C senza vapore o a campana scoperta e concludo con 10 minuti a 200°-180° C con la funzione forno ventilato.
  12. A cottura ultimata pongo su una griglia a raffreddare.

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Il risultato è un pane di un bel giallo intenso, estremamente profumato e dalla discreta alveolatura.20141119_100309_Richtone(HDR)

Personalmente lo trovo perfetto da mangiare con i formaggi, magari un buon caprino fresco, anche ricavandone dei crostini sottili e tostati.

 

 

 

… coff.. coff… ci sono quasi… faaatica!

e così, dopo mesi di silenzio, un nuovo post con cui partecipo al Contest di Molino Grassi ed Impastando si impara. 1-impastando_CONTEST_2-1024x883

 

 

 

 

 

 

 

Grissini friabili e leggeri con pasta madre – Breadsticks with sourdough – Gressins au levain

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Dopo la ricerca della baguette (quasi) perfetta, i miei tratti ossessivi si sono messi al servizio di una nuova fissa: i grissini.

I grissini, a mio avviso, sono un po’ bistrattati dalla comunità degli impastatori casalinghi, forse mi sbaglio, ma ho l’impressione che vengano soprattutto utilizzati per smaltire gli esuberi di pasta madre e per fare qualcosa di rapido.

Ho iniziato la mia ricerca seguendo alcune ricette prese qua e la, quella che mi ha dato maggiore soddisfazione è stata per un po’ quella di Emmanuel Hadjiandreou, inserita nel libro “Come si fa il pane” , ma ancora non erano i grissini che cercavo.

Li volevo friabili e leggeri e quindi ho messo a punto una mia ricetta: ho aumentato la quantità d’olio (non volevo ricorrere allo strutto), ho prolungato i tempi di lievitazione ed ho seguito in modo più preciso la cottura, che secondo me ricopre un ruolo fondamentale. Perché cuociano in modo uniforme sospetto che, come per le baguette, possa essere di grande aiuto una teglia “traforata”, non avendola io ho provveduto a girare di frequente i grissini.

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Ingredienti2014-04-02 16.14.59

  • 200 g di pasta madre (l’ho usata rinfrescata il giorno prima)
  • 200 g di acqua
  • 50 g di latte
  • 50 g olio extra vergine di oliva
  • 400 g di farina semiintegrale di grano tenero (io ho usato la Buratto del Mulino Marino che corrisponde ad una 2)
  • 10 g sale
  • un cucchiaino di malto d’orzo

Procedimento

  1. Per prima cosa ho sciolto nel mio ciotolone la pasta madre con i liquidi (acqua e latte tiepidi ed olio) e con il cucchiaino di malto.
  2. Ho aggiunto tutta la farina e da ultimo il sale.
  3. Nei primi 30 minuti ho fatto qualche piega nella ciotola sino al raggiungimento di un impasto bello liscio ed omogeneo.
  4. Ho messo a lievitare a 26-28° C, dentro il forno spento con lucina accesa, per 1 ora e 1/2.
  5. Passato questo tempo ho ribaltato l’impasto sul piano infarinato e l’ho dolcemente steso sino ad ottenere un rettangolo.
  6. Ho coperto con un canovaccio e lasciato a riposare per 15 minuti.
  7. Dopo aver spolverato con altra farina il rettangolo, con l’aiuto del mattarello (attenti a non schiacciare troppo l’impasto!) e della rotella da pizza, l’ho tagliato in una ventine di striscioline parallelamente al lato più corto.
  8. Ho preparato la teglia (nel mio caso 2) con la carta da forno e un’abbondante spolverata di farina di mais e vi ho adagiato uno alla volta i grissini “stirandoli”.
  9. La stiratura dei grissini potrebbe sembrare piuttosto complicata, ma non lo è più di tanto: occorre prendere le striscioline di impasto con entrambe le mani, tenendoli con delicatezza tra pollice, indice e medio di ciascuna mano, allungandole pian piano in modo omogeneo. La difficoltà principale sta nel non rovinare la prima lievitazione e soprattutto nel creare dei “nastri” di spessore costante, cosa che influisce molto sull’uniformità della cottura.
  10. Una volta stirati tutti i grissini, ho dato un’altra spolverata di farina di mais e messo a lievitare, sempre nel forno spento con la luce accesa per altre 2 ore.
  11. Passate le due ore ho tirato fuori le teglie e acceso il forno a 200° C.
  12. Dopo circa 30 minuti, il tempo che il forno giungesse a temperatura, ho infornato impostando la funzione ventilato.
  13. Devo sottolineare che la temperatura di cottura in realtà è piuttosto inferiore ai 200° C (rimane all’incirca tra 160°-180° C)  perché ripetutamente apro lo sportello per girare i grissini e permettere al vapore di uscire. In molte ricette ho letto che la cottura dura una decina di minuti al massimo, io sono giunta alla conclusione che è meglio, per ottenerli friabili, prolungare i tempi ed abbassare la temperatura. Certo è necessario tenerli d’occhio ed avere un buon rapporto con il proprio forno.
  14. Quando mi sembrano quasi pronti, nel mio caso dopo circa 25 minuti, apro lo sportello, tolgo i grissini dalle teglie e li posiziono direttamente sulla griglia e termino la cottura abbassando ulteriormente la temperatura [sempre prestando attenzione, con la funzione ventilato è un attimo seccarli troppo!]
  15. Quando sforno li metto a raffreddare su una griglia e vigilo perché figlie, marito ed amici di passaggio non li divorino all’istante.

 

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Come probabilmente è ormai chiaro, non sono una blogger costante, ma a breve festeggio un anno con la mia pasta madre e la mia passione per gli impasti continua a crescere, se volete condividerla con me potete seguire la pagina facebook di Family, Bakery and Country.

Buona vita e buoni impasti a tutti!

 

 

Baguette e pane spiga alla pasta madre – Baguettes et pain épi au levain – Sourdough baguettes and “pain épi”

2013-11-21 14.43.12 Per diverse settimane ho lavorato alle baguette. Credo che per qualsiasi panificatore casalingo le baguette costituiscano una sfida: in rete e sui testi che trattano di panificazione sono facilmente reperibili molte ricette, ma tra leggerle e riuscire a realizzarle il passo non è breve come potrebbe sembrare. Mi ero già cimentata in questa sfida la scorsa estate, arrivando, dopo alcuni tentativi, a mettere a punto un’impasto che mi soddisfa e che uso anche per fare la fougasse (lo stesso che ho usato per le baguette del baguetting 🙂 ) .

Qualche tempo fa però ho acquistato “la bibbia” della panificazione artigianale internazionale, il testo di Jeffrey Hamelman Bread A baker’s book of techniques and recipes ed ho deciso di provare la sua ricetta delle baguette al lievito madre. Come spiega lo stesso Hamelman le baguette sono un pane relativamente recente, prodotto per i consumatori cittadini, con farine molto sbiancate, lieviti industriali e forni moderni. L’idea di riprodurle con il lievito madre, farine poco trattate e forno domestico può quindi apparire una contraddizione, ma tant’è… bisogna provare. Devo sottolineare che Hamelman aggiunge all’impasto finale una certa quantità di lievito secco. Nella mia ricerca in rete dell’estate scorsa, ed anche dalle poche parole scambiate con un boulanger francese, sono giunta alla conclusione che l’uso del lievito di birra, sebbene in quantità limitate, è una caratteristica imprescindibile delle classiche baguette. So bene che per molti entusiasti della pasta madre l’idea di ricorrere al lievito di birra costituisce peccato mortale, quindi rimando alla coscienza di ciascuno la scelta: se pensate di non riuscire a dormire la notte per il senso di colpa, il mio consiglio è di assicurarvi di avere un lievito madre bello arzillo, possibilmente rinfrescato due, anche tre volte consecutive. Io ho provato in entrambi i modi: aggiungendo due pizzichi di lievito di birra all’impasto finale, forse per suggestione, ho avuto l’impressione di ritrovare maggiormente il gusto delle baguette cui mi hanno abituato le mie vacanze in Francia, ma vi posso assicurare che anche con una pasta madre in forma si raggiungono risultati soddisfacenti.

Quello che segue è il mio adattamento della ricetta delle Sourdough Baguettes di Hamelman partendo da lievito madre solido (idratato al 50%) che ho utilizzato per i pain épi dell’École de Boulangerie di Panissimo. 2014-01-03 19.29.56

Ingredienti

per il levain (o prefermento)
30 g  lievito madre
130g farina semiintegrale tipo 1
180g acqua
per l’impasto finale
750 g di farina semiintegrale tipo 1
450 g acqua
17 g sale
due pizzichi di lievito di birra secco facoltativo (Hamelman ne indica 1/2 cucchiaino, l’equivalente di 2.5 g)
[Hamelman indica anche 1/4 di cucchiaino di malto in polvere, io l’ho sempre omesso]

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Procedimento*

  1. Innanzitutto occorre preparare il levain: sciolgo la pasta madre nell’acqua, unisco la farina e mescolo bene. Quindi copro e lascio riposare 12 ore a circa 21° C [maggiore la temperatura, minore sarà il tempo e viceversa]
  2. Quando il levain è pronto, io lo sciolgo nell’acqua dell’impasto finale e aggiungo successivamente la farina. Mescolo grossolanamente, copro e lascio a riposo per almeno 30 minuti (autolisi)
  3. Passato questo tempo aggiungo il sale (ed il pizzico di lievito di birra, se la coscienza non mi rimorde troppo 😛 ) ed impasto sino ad ottenere un composto bello omogeneo. Come forse sapete già io non ho l’impastatrice, mi piace pasticciare con le mani, ma in effetti non sempre si ha tempo (e voglia)… in quelle occasioni io ricorro al frullino elettrico con i ganci a spirale (non l’avevo mai considerato più di tanto ed invece è un ottimo aiuto!).
  4. A questo punto metto l’impasto a lievitare possibilmente al calduccio (l’ideale sarebbero 24°-25°) per due ore. [la regola è sempre la stessa maggiore la temperatura minore il tempo, e viceversa quindi il mio consiglio è sempre di cercare di fare amicizia personalmente coi vostri impasti].
  5. Dopo un ora dall’inizio della lievitazione faccio un giro di pieghe. Se l’impasto risulta debole potete farne anche due (ad intervalli di 40 minuti), ma il mio consiglio è di non manipolare troppo l’impasto, piuttosto dedicategli un po’ più di tempo prima di metterlo a lievitare.
  6. Quando l’impasto è bello lievitato inizia la parte più difficile… L’impasto va pezzato [con queste dosi io faccio 5 baguette da circa 300g] e quindi preformato, sempre senza manipolarlo troppo.
  7. Dopo un quarto d’ora, quando l’impasto si è nuovamente rilassato, si può formare. In rete potete trovare diversi video* che spiegano come formare una baguette, a me capita spesso di rimanere incantata ad osservare la perizia con cui alcuni riescono a domare e plasmare impasti piuttosto idratati. Le prime volte mi dannavo nel tentativo di imitare i loro gesti sicuri e decisi e finivo col rovinare l’impasto, quindi vi consiglio di essere più lievi e veloci possibile, sarete soddisfatti della consistenza del pane e probabilmente i tagli che effettuerete prima di infornare si apriranno come sperate, la precisione della forma verrà successivamente.
  8. Dopo averle formate ponetele a lievitare per un’ulteriore ora sul panno di lino infarinato, una accanto all’altra, ovviamente separate da una porzione di panno e coperte.
  9. Terminata l’ultima lievitazione è il momento dei tagli**. Poiché per metterle in forno occorrerà aiutarsi con una pala lunga (io uso ancora un cartone spesso… ma il consorte “falegname” ha promesso che presto me ne farà una!), vi consiglio di effettuare i tagli sulla pala, in modo da ridurre il rischio che si schiaccino nei vari passaggi. Tagliate con decisione in modo quasi parallelo al senso della baguette, cercando di affiancare ciascun taglio al successivo per un terzo.
  10. Anche infornare presenta qualche complessità: se avete come me comprato la teglia apposita io consiglio di farla scaldare sulla griglia e non sulla teglia, altrimenti fate scaldare la teglia e poi ponete la carta da forno. L’operazione può richiedere un po’ di tempo per cui vi consiglio di scaldare il forno, col pentolino per il vapore, alla massima temperatura in modo che poi rimangano circa 230°-240°C in cottura. Io le ho cotte per 25-30 minuti. Se non avete la teglia per me è utile girarle negli ultimi minuti.

* Sono stata parecchio in dubbio su quale video inserire, alla fine ho deciso che in omaggio ad Hamelman la cosa migliore era inserire questa playlist con ben 6 video in cui lui e il suo staff illustrano come fanno il pane: per ogni passaggio c’è una parte specifica per le baguette, è ovviamente in inglese, ma si può osservare anche senza conoscerlo.

**Nel caso vogliate provare l’epi, forma relativamente semplice e d’effetto vi propongo il video di Ciril Hitz, altro grandissimo della panificazione

 

Con questa ricetta partecipo alla raccolta mensile di Panissimo, questo mese ospitata sul blog di Sandrapanissimo

Ciabattine accelerate alla pasta madre – L’esperimento di fine anno

Eccomi!

Gioco a fare la cinica disillusa, ma un nuovo anno mi entusiasma sempre un po’. Quella cosa dell’agenda nuova, dei buoni propositi, delle speranze di giorni belli da vivere, dei progetti da realizzare, dei sogni da concretizzare, delle nuove date da segnare.

Certo a 37 anni non puoi far finta di non sapere che dei buoni propositi, ne manterrai a stento un decimo, che i progetti da realizzare costeranno tempo e soldi che probabilmente non troverai mai, che l’agenda si riempirà di promemoria di cose da pagare e che i sogni, ad essere proprio fortunati, rimarranno tali.

Oggi, però è il primo giorno dell’anno ed ho ancora davanti 364 giorni per raggiungere la mia quota massima di malmostosità, quindi posso fingere di essere un’ottimista e credere che ci sia qualche possibilità di mantenere i buoni propositi, primo tra tutti quello di occuparmi del mio blogghettino.

Ciabattine con pasta madre solida ad alta idratazione

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Ieri alcuni amici sono venuti a festeggiare la fine dell’anno (o l’inizio – non ho mai capito cosa, in realtà, si festeggi) da noi. Avevo un piano abbastanza preciso di cosa offrire loro da mangiare, ma ovviamente a meno di 10 ore dal loro arrivo ho realizzato di non aver pensato al pane. Non che non ne avessi, ma mi sarebbe piaciuto, nonostante le lacune della mia organizzazione, offrire loro un pane pensato appositamente per l’occasione. Pensavo a delle ciabattine croccanti ed alveolate e mi sono messa a consultare i miei testi sacri sulla panificazione. Niente da fare, sia con la pasta madre, sia col lievito di birra, a voler fare le cose a modino, avrei avuto bisogno di più tempo, per il poolish o per la biga. Eppure l’idea ha continuato a frullarmi in testa, la mia pasta madre, rinfrescata la sera prima, era piuttosto arzilla e allora ho deciso di fare un tentativo, unendo istinto e quel po’ di teoria che ho appreso nell’ultimo anno. Potevo provare, se avessi fallito clamorosamente non avrei perso nulla.

Per onestà devo dire che questo è inevitabilmente un post provvisorio, non posso spacciare una ricetta provata una sola volta, come rodata: è possibile, se non probabile, che la fortuna mi abbia assistito, ma voglio ugualmente scrivervi come ho fatto, riproverò e vedremo se è stato solo un caso.

[Due trucchetti cui ho pensato per accelerare i tempi e migliorare alveolatura e lievitazione. Innanzitutto ho provato per la prima volta una idratazione elevata, ben oltre le mie abitudini, e sono arrivata a mettere pari peso di farina e acqua. Ho messo, in proporzione, più pasta madre di quanto metto di consueto (cosa che a taluni farà probabilmente storcere il naso), mentre per quanto riguarda il sale che, come noto, rallenta la lievitazione, ho usato una dose inferiore al mio solito, cosa che il consorte ha subito notato (“Amore, se proprio ti devo fare un appunto devo dire che sono un po’ sciape!”). Infine, cosa che probabilmente ha influito maggiormente, ho fatto fare all’impasto tutta la prima lievitazione nel forno con la lucina accesa.]

Ingredienti

  • 200g pasta madre solida rinfrescata la sera prima
  • 500g farina 1 di grano tenero (colpevolmente non conosco la forza della farina che ho usato, ma posso dirvi che ha una percentuale di proteine pari a 12,5)
  • 500g acqua
  • un cucchiaio di miele
  • 7 g di sale

Procedimento

  1. Ho sciolto nel mio ciotolone da impasto i 200g di PM con il mezzo litro di acqua e il cucchiaio di miele.
  2. Ho aggiunto pian piano il mezzo chilo di farina mescolando con la spatola.
  3. Ho aggiunto il sale ed ho continuato a mescolare.
  4. Nell’ora successiva all’impasto iniziale, ho dato qualche giro di pieghe “strech and fold” con la spatola, senza preoccuparmi troppo di incordare (in effetti credo che si potrebbe quasi definire un pane no knead.)
  5. Ho messo a lievitare l’impasto, sempre nella sua ciotola coperta, dentro al forno con la luce accesa e lì l’ho abbandonato.
  6. A sei ore dall’inizio della lavorazione, quindi dopo circa 5 ore nel forno, ho preso l’impasto che, con mia somma gioia, si presentava bello lievitato e bolloso.
  7. A questo punto,
    ecco come si presentava il mio blob prima del taglio

    ecco come si presentava il mio blob prima del taglio

    piuttosto terrorizzata dal maneggiare una cosa così poco maneggiabile, ho preso coraggio e ho fatto scivolare l’impasto, cercando di mantenere la parte che stava in alto in alto, sul piano di lavoro bello infarinato (sottolineo, non infarinato un po’, ma ricoperto di uno strato piuttosto fitto di farina.)

  8. Cercando di mantenere i nervi saldi, ho eseguito la pezzatura. Per prima cosa ho rinunciato ad ogni velleità di avere tante ciabattine identiche. Poi, dopo un primo ingenuo tentativo senza farina che si intravede nella foto, ho aggiunto un’abbondante spolverata di farina al blob. A fianco ho preparato due pezzi di carta da forno, anch’essi spolverati di farina (melius abundare quam deficere), dopo di che. armata dei miei due tarocchi, ho tagliato le mie 10 ciabattine capovolgendole sui fogli di carta da forno (la parte che si trovava sotto prima del taglio, risulta ora sopra).
  9. Fatta la pezzatura ho tirato un sospiro di sollievo ed ho lasciato lievitare per 45 minuti, un’ora. L’impasto è davvero tanto appiccicoso per cui se decidete di coprire con la pellicola vi consiglio… indovinate? di assicurarvi che sia ben infarinato.
  10. Nel frattempo ho acceso il forno a 250°C, ponendo nella parte inferiore il mio pentolino per il vapore e lasciando la teglia ad arroventarsi (per 10 ciabattine mi era impossibile usare la pietra refrattaria).
  11. L’uso della carta da forno mi ha permesso di evitare un ulteriore trasbordo e, al contempo,  di riuscire a scaldare adeguatamente la teglia. A temperatura raggiunta ho infatti spostato i fogli con le ciabattine con l’aiuto della pala, in tempi sufficientemente brevi da non far raffreddare il forno.
  12. Ho cotto per circa 20 minuti a 240°- 250°C con vapore, e altri 5 minuti abbassando la temperatura a 200° senza vapore. Dopo di che ho spento il forno, ho girato le ciabattine e le ho lasciate ancora dentro per circa 5 minuti lasciando lo sportello semiaperto.
  13. Infine ho posto le ciabattine a raffreddare sulla griglia. (…praticamente giusto in tempo per l’arrivo dei miei ospiti.)

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Probabilmente è inutile che io specifichi che quando ho fatto questo ciabatte non pensavo di farci immediatamente un post e la qualità delle foto ben lo testimonia. Sono consapevole che per ottenere delle ciabatte perfette siano necessari due giorni di lavorazione (sia che si opti per un poolish con pasta madre, sia che si scelga di procedere con una biga con il lievito di birra), ma il risultato di queste ciabattine accelerate mi ha soddisfatta a tal punto da proporvi il procedimento che ho improvvisato.

[a distanza di 5 anni ricapito per caso su questa ricetta. c’è un errore: considerato che ho usato una pasta madre solida, idratata solo al 50%, la percentuale di idratazione non è 100%, ma 89%.]

Una promessa è una promessa. Ovvero le nostre riciclo-decorazioni natalizie.

Non che mi obblighi qualcuno eh… è che son fatta male ed ho questo serpeggiante senso di colpa per non aver più scritto nulla che mi attanaglia. Ho una valanga di buoni propositi per il futuro ed idee su cose da … Continue reading

Pane al grano saraceno e sidro di mele antiche – Buckwheat bread with ancient apple cider – Pain de sarrasin avec de cidre de pommes anciennes

Negli ultimi anni, da quando vivo in campagna, il mio rapporto con l’alternarsi delle stagioni è molto cambiato. Mentre quando ero giovane accoglievo con entusiasmo la fine dell’estate, l’inizio della scuola e l’arrivo del freddo e poi della neve, ora … Continue reading

Pane con lievito madre di segale, farina semi-integrale e semola rimacinata. Rye sourdough, soft wheat flour, durum wheat semolina. Levain de seigle, farine de blé T80, semoule fine de blé dur.

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Quello che vi racconto questa sera è un pane a cui voglio particolarmente bene.

Come ho già avuto modo di scrivere, io ho un rapporto piuttosto istintivo con la panificazione, soprattutto da quando uso la pasta madre.

Credo che ci sia qualcosa di molto affascinante nel lavorare con una materia ‘viva’. Mentre quando impastavo con il lievito di birra (che ancora mi capita di usare) cercavo di seguire alla lettera le ricette, attenendomi a dosaggi e tempi come una farmacista, da quando uso la pasta madre mi affido molto di più ai sensi: la consistenza degli impasti, l’aspetto della lievitazione, il profumo del lievito. Con la pasta madre ho l’impressione che si tratti di una vera e propria collaborazione in cui il mio controllo del processo arriva solo sino ad un certo punto… ed in effetti mi ritrovo sempre a stupirmi quando vedo l’impasto che cresce, quando lo vedo gonfiarsi nel forno.

Spesso mi capita di iniziare a rinfrescare senza avere un’idea precisa di ciò che farò, in questo caso invece, si tratta di un pane che ho pensato, studiato e realizzato mettendo insieme spunti, consigli e suggestioni raccolti qua e là nel tempo.

Si parte, ovviamente, dalla mia predilezione per il lievito madre di segale. Qualche settimana ho fatto uno dei miei pani svuota dispensa: volevo usare il lievito di segale ma ero a corto di farine integrali così ho usato un avanzo di semola rimacinata e della farina semi-integrale. Il risultato è stato un pane dalla mollica un po’ troppo compatta, probabilmente lievitato troppo poco, ma molto profumato che è piaciuto parecchio in famiglia. Mia figlia, recensendolo come fa sempre, mi ha detto “Mamma, questo mi piace perché sembra pane nero, ma non è pane nero…”.  Ho sorriso, ma ho capito ciò che intendeva ed ho pensato di dover lavorare per perfezionare la ricetta improvvisata.

Altra suggestione da cui è nato questo pane viene da una chiacchiera in un gruppo facebook di panificatori casalinghi in cui una bravissima impastatrice spagnola, autrice di questo bel blog, tesseva le lodi di una lunga autolisi * ed io, vedendo i suoi meravigliosi risultati ho deciso di provare.

I tentativi di decorazione, infine, sono anch’essi frutto di un’imitazione di un trucco trovato in un gruppo facebook.

[* l’autolisi è una tecnica che consiste nel mescolare grossolanamente l’acqua e la farina previste in una ricetta e lasciare riposare prima di unire gli altri ingredienti. Durante questo intervallo di tempo, la farina viene pienamente idratata e inizia lo sviluppo della maglia glutinica. ]

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Ingredienti

per il poolish 

  • 60g di lievito madre di segale
  • 100g di farina integrale di segale
  • 100g di acqua

per l’impasto

  • 250g farina semi-integrale (tipo 1; 12,5% proteine)
  • 300g semola rimacinata
  • 350g acqua
  • un cucchiaio di miele
  • 15g sale

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Procedimento

  1. Inizio col preparare il poolish: sciolgo il lievito nell’acqua, aggiungo la farina di segale e lascio a riposo per 8 ore.
  2. Subito dopo avvio l’autolisi: mescolo grossolanamente le farine con 300g di acqua (lasciandone 50g per l’impasto finale) e lascio a riposo per il medesimo tempo del poolish.
  3. Passatele 8 ore mescolo il poolish, l’impasto di farine e acqua e il miele in una ciotola ed inizio ad impastare.
  4. Aggiungo il sale e la restante acqua e finisco di impastare.
  5. Raggiunta una consistenza omogenea dell’impasto lascio riposare 30 minuti ed eseguo delle pieghe a tre, riposo per altri 30 minuti e altro giro di pieghe a tre, per un totale di tre giri di pieghe.
  6. Preparo il cestino da lievitazione infarinandolo con abbondante semola non rimacinata ed inserendo uno stencil ricavato da carta da forno ed oliato sul lato che sarò a contatto con l’impasto. Il trucco è il tentativo di imitare il geniale uso degli stencil da cappuccino usati da un collega panificatore casalingo incrociato in un gruppo.
  7. Formo la pagnotta e la pongo con la chiusura verso l’alto nel cestino.
  8. Lascio 30 minuti a temperatura ambiente, chiudo il cestino in un sacchetto e pongo in frigorifero per 8-10 ore.
  9. Passato questo tempo tiro fuori al frigo e lascio che l’impasto si acclimati a temperatura ambiente per ulteriori 3-4 ore. (In questa fase consiglio di tenere sott’occhio l’impasto perché non superi la lievitazione.)
  10. Nel frattempo accendo il forno con la pietra refrattaria e il pentolino d’acqua.
  11. Quando il forno è caldo e l’impasto mi appare pronto lo ribalto sulla pala coperta da carta da forno, elimino lo stencil, ed eseguo i tagli con la lametta.
  12. Cuocio 20 minuti a 240°C, estraggo il pentolino e proseguo la cottura per altri 20 minuti a 220°C e concludo a 200°-180°C per 10-15 minuti.

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Sono particolarmente lusingata dal poter inserire questo mio pane in una raccolta di una blogger polacca bravissima, il suo blog Zapach Chleba  che in polacco significa L’odore del pane, è facilmente consultabile con un browser come google Chrome che permette una discreta traduzione. Il profumo dei suoi lievitati supera i limiti del web e riesce ad inebriare a distanza. Vi consiglio vivamente di farvi visita. 🙂

I miei amici di pane e il pane di Heidi

Che, come blogger, io sia un disastro credo ormai appaia chiaro…
Non solo per settimane non scrivo nulla, ma ultimamente abbozzo post che non riesco mai a finire e per giunta, erroneamente, li pubblico…

L’estate è passata velocemente e noi abbiamo cercato di godercela.

Nonostante abbia in testa mille potenziali post, il blog non è in cima alle mie priorità, ieri però un’amica di pane* mi ha invitato a scriverne uno semiserio e quindi eccomi qui…

* come ho già scritto altrove uno degli aspetti che più mi piacciono della mia passione per il pane è l’occasione che mi offre di incrociare gente interessante in giro per il mondo. Ci sono i maestri panificatori, da ammirare e da cui apprendere trucchi, e tanti appassionati casalinghi come me, alcuni altrettanto bravi dei maestri, con cui scambiare consigli e fare due chiacchiere.

Ultimamente, pur trascurando i miei impasti, mi capita di scambiare due parole in allegria con un gruppetto di appassionati di cucina riuniti in un gruppo fb (e recentemente in un blog), apprendisti pasticcioni che non si prendono troppo sul serio e con cui è possibile anche scherzare dei propri risultati non eccelsi… In particolare c’è Lou del blog Rise of sourdough preacher, che è un’incontenibile impastatrice dall’entusiasmo contaggioso. Lei, ieri, vedendo il mio buffo pane, mi ha chiesto di scriverne un post… e, visto che è la sfitzera più esuberante che mi sia capitato di incrociare in vita mia, sono felice di dedicarle il mio…

Pane di Heidi

Il pane di Heidi

Ok, dunque, io alle mie paste madre non ho dato un nome… un po’ mi fa impressione il rapporto che qualcuno ha con il proprio blob di acqua, farina e bolle… però ammetto di provare un affetto particolare per la mia pm di segale autoprodotta… Non solo infatti si è lasciata creare senza difficoltà al primo tentativo, ma  è anche estremamente indipendente ed autonoma. Non ha bisogno di cure frequenti e sebbene, talvolta, la abbandoni per settimane, quando la riprendo ha sempre il suo buon profumo aromatico.

Due giorni fa ho realizzato di doverla rinfrescare, erano 17 giorni che giaceva silente… Nonostante non nutrissi grandi speranze ho voluto provare ad usare l’esubero per un pane integrale semplice e di facile realizzazione.

nonno heidi pane

Il risultato è un pane lievitato oltre le mie aspettative, dalla mollica compatta, ma leggera, profumato e dalla buffa forma che a me ricorda quella del pane di Heidi… Quello che il nonno scambiava con le sue caciotte, per intenderci…

Ingredienti

  • 200 g esubero pm di segale
  • 250 g acqua
  • 100 g farina integrale di grano tenero
  • 50 g farina integrale di segale
  • 150 g farina 1
  • un cucchiaio di miele
  • 10 g sale

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Procedimento

  1. Ho sciolto l’esubero in acqua con il miele nel mio ciotolone cercando di fargli fare una bella schiumetta.
  2. Gradualmente ho aggiunto le varie farine e da ultimo il sale.
  3. Ho impastato sino ad ottenere un risultato omogeneo.
  4. Nelle prime due-tre ore dall’inizio dell’impasto ho fatto due giri di pieghe a 3 semplici semplici.
  5. Ho messo a lievitare nel mio cestinetto da lievitazione e ho lasciato riposare. Poiché temevo fosse già un po’ acido per la vetusta pm ho scelto di metterlo in frigo a passare la notte ed evitare l’alzataccia per un pane dal dubbio risultato.
  6. Dopo 6-7 ore l’ho tirato fuori dal frigo e ho atteso 2-3 ore che si riacclimatasse.
  7. Ho eseguito i tagli da pagnottone di montagna.
  8. Ho infornato a 220° C per circa 35-40 minuti, con un po’ di vapore nella fase iniziale.

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Ora posso confessarlo… ho decisamente sottovalutato le capacità della mia pm e temendo che passasse la lievitazione ho infornato prima del tempo con il risultato che la pagnotta è esplosa (morale: diffidate dalle foto su internet… son fallaci 😛 )

Ah… durante le mie ricerche per il post ho trovato questa pagina fb, … ecco, sulla durata di questo non garantisco 😀 .